There's something in the water

28.10.2014 18:37

Dopo 2 anni e 2 mesi la marmaglia parla un inglese perfetto, corregge il nostro ed è in grado di imitare l'inglese dei fighetti di Londra, lo scozzese e l' americano ed inoltre gli accenti stranieri...fanno scassare quando parlano con l'accento italiano e ci catapultano nel set de I Sopranos.

Capiscono le bazellette, se le raccontano, si rispondono con scherzi in rima, cantano filastrocche e canzoni dalla radio. Ovviamente sanno più parolacce di noi e ridono alle freddure radiofoniche del mattino.

Tanto per descrivere la familiarità che hanno con la 'nuova' lingua, qualche mese fa Hayden, appena quattrenne, seduto sul water cantava la celebre canzone di Brooke Fraser 'There's something in the water' per segnalarmi che era ora di assisterlo con la carta igienica...ed effettivamente c'era qualcosa...nell'acqua.

Ogni tanto parla ancora come Salvatore (vedi 'Il nome della Rosa'): 'Mamma can you pull down my finestro?', 'Don't schiacc that botton!', 'Help! I am staccato under the chair!' (per stuck: incastrato).

Cerchiamo di non parlare inglese in casa, noi adulti, ma gli altri non sono governabili. Raven per fare una frase di senso compiuto in italiano ci mette 3/4 d'ora, alla fine chiediamo pietà e la obblighiamo a parlarci in inglese, se mai ci facciamo fare la traduzione kiwi-italiano da Duncan. Lui, avendo frequentato 2 anni di scuola italiana, sa ancora leggere e scrivere in italiano...però poveretto gli mancano non proprio le parole, ma le espressioni: far fare un giro a qualcuno, nel senso di showing around, diventa portare attorno...'vieni che ti porto attorno...'. Non si può sentire! 

Raven invece cambia addirittura voce (ho già pensato all'esorcista)...in italiano ha la sua voce 'normale', in inglese ne ha un'altra. E diventa anche un po' faccia di merda. Nel senso che fa come fanno le sue compagne: stridolii e piccoli capricci da bimba...il vantaggio è che invece di rimproverarla, basta chiederle di cambiare lingua. Me lo ripeti in italiano? Crisi conclusa: per qualche minuto cerca le parole, le parole tardano ad arrivare, l'incazzatura ormai è sbollita e il tono cambia da se'.

A scuola ci dicono che non si nota più la differenza tra loro e i madrelingua, anzi (sarà che noi ci teniamo parecchio), ci dicono che sono più bravi in molte materie, tra cui lo spelling...cosa che non avrei mai sospettato. Ma a pensarci meglio, dove l'inglese non arriva, ci arriva il latino e per parentela l'italiano. E loro hanno imparato a cavarsela per strategie. Non riesci ad indovinare lo spelling di eugenics? Il madrelingua inglese rimane fermo là a forma di punto interrogativo e perde la gara di spelling, l'italiano fa il giro largo e la vince. Ciapa. Dai...come fai ad arrivare a eugenics da iujinix? Potrebbe essere qualsiasi cosa! Sì caro anglosasso, mentre voi lassù ancora uccidevate gli orsi per farvi le mutande, Cicerone scriveva De Re Publica...

E questo ci porta ad una riflessione sulla 'povertà culturale' di un paese 'senza storia' come spesso si sente recitare dai delusi dalla NZ. E' vero l'ignoranza è tanta, ma perchè la povertà è tanta. Il miraggio di benessere per noi europei è dato dal fatto che le professioni che esercitiamo in NZ sono molto ben pagate e ci consentono di vivere su standard molto più elevati rispetto all'Italia. Tipo comprarsi la casa. E farsi le vacanze. Nello stesso anno luce. E poter addirittura fare la spesa. Cioè mangi e hai un tetto sulla testa contemporaneamente. Pazzesco. Quindi in sostanza non è la povertà culturale il problema, ma la scarsa istruzione o la scarsa educazione scolastica (intesa all'inglese...) e lo scarsissimo supporto genitoriale. Arrivano all'università che non sanno scrivere, le cassiere non sanno contare, i muratori non sanno misurare...e via così verso galassie di ignoranza. Ma di cultura ce n'è, eccome. C'è gente da 50 paesi differenti per ogni km quadrato, substrati migratori da far impallidire un paleontologo...e va be' sono recenti...eh lo so non sarà così poetico come vedersi arrivare un galeone carico di missionari e di vaiolo, ma, voglio dire, la prima volta che ho visto un Airbus 380...come si dice qui...I peed my pants. E grazie a tutti questi substrati ci sono una quantità di celebrazioni che, cazzarola, si fa fatica a trovare un momento per lavorare. Feste cristiane, feste musulmane, feste cinesi, feste giapponesi, feste britanniche, feste irlandesi, feste indiane, feste maori, feste pasifika e naturalmente neozelandesi&inc.. Tutte con le loro celebrazioni pubbliche, concerti, cantastorie, cibo, musica, danze e via così. C'è pure il festival del cinema internazionale! Insomma il problema in fondo qual è? Che le celebrazioni in questione fanno cacare. Agli occhi di noi europei, abituati alla grandiosità, del sempre di più (perche' altrimenti "l'anno scorso era meglio, forse siamo diventati piu' poveri?"), o più del mio predecessore/vicino/confinante (perche' cosi' possiamo fargli un bel gnegnegne dall'altra parte di un confine post Schengen ormai inesistente) questi festival sono modesti, poco interessanti, banali e in alcuni casi tristi. Ma di una tristessa...

Esempio natalizio: adunata generale in centro, Octagon pieno di bambini squittenti e adulti con corna di renna in testa e/o cappuccio di babbo natale. Abbigliamento usuale: canotta, shorts e mitici jandals. Passa il primo carro: bambini zombie vestiti di viola e nero. Strano, penso. Va be'. Secondo carro: folletti irlandesi. Bah. Terzo carro assente: passa l'auto della polizia e lancia caramelle sulla folla. Finalmente il terzo carro: Bob il muratore sul suo pick up addobbato con corna di renna per auto si fa pubblicità...non sia mai che ti venisse voglia di costruirti una casa, così su due piedi. Quarto carro: le ragazze della ginnastica artistica cercano di fare volteggi sul camion senza atterrare sull'asfalto (perchè mica il camion si ferma). Passa anche il camion dei pompieri. Carro a forma di zucca con bambini vestiti da fantasmi. Eh??? Dietro arriva la banda delle cornamuse, poi Babbo Natale e poi tutti si dileguano. Io sto pietrificata, attaccata al lampione spento, perchè fa buio alle 11 di sera, e mi pongo delle domande. Ma non sono sicura di voler sentire le risposte. Ho la vaga, vaghissima, impressione che i carri fossero un reciclone di altri eventi...per cui sono stati riproposti figuranti ad minchiam. Tutti reciclati tranne quel povero sfigato di babbo natale che compare una sola volta l'anno (e speriamo che continui così...che non lo facciano apparire vestito da zombie l'anno prossimo al Dunedin Fringe Festival, cosa che non escludo).

A capodanno altra performance indimenticabile: i promessi e tanto attesi fuochi d'artificio sono stati sparati dalle scale del municipio e direttamente sulla folla. Per aggiungere un po' di pepe all'evento. Alla fine abbiamo sentitamente ringraziato l'amministrazione per aver comprato dei semplici petardi, altrimenti saremmo tutti morti.

E il famoso mercatino delle pulci di Waitati, famosissimo e frequentatissimo! Vuoi mancare? No! In un cestone, proprio all'ingresso dell'area per le bancarelle, stanno ammucchiati alcuni oggetti incartati che si possono comprare per un dollaro. Non si sa cosa ci sia dentro all'incarto. Sorpresa. Prima di sottoporre i miei figli alla cocente delusione di una sopresa scadente, mi fermo a guardare lo sfortunato di turno che fa da cavia. Paga un dollarozzo, sceglie un incarto e voilaaaa, uno stivale. Usato. Spaiato. Io penso che se l'intenzione era di incoraggiare il povero sfigato a comprare tutti i pacchetti per trovare l'altra scarpa...be' sulla mia faccia compare un 'colcazzo'. Contro ogni aspettativa il ragazzino felice ha esclamato 'Cool! Ci faccio un vaso di fiori!' e saltellante si dirige verso la bancarella delle piantine.

A febbraio c'è poi il mitico capodanno cinese. L'evento inizia con il drago di stoffa che apre la parata per le strade del centro. In meno di 5 minuti ha completato il percorso (perchè non siamo a Los Angeles), nonostante tutte le curve che i danzatori fanno compiere al drago. Devo ammettere però che quest'anno il drago era leggermente più lungo dell'anno scorso. Riconosciamo l'impegno. La passeggiata si conclude davanti ai giardini cinesi, un piccolo gioiellino di eleganza in questa stramba città. Nella piazza di fronte ai giardini cinesi si compie lo scempio. Si parte con le danze indiane. Nulla da segnalare. Poi la danza del ventre e qui mi soffermo. Raven mi sgomita e dice 'Guarda mamma che schifo', lascio da parte il cazziatone sibilato 'non si dice che schifo ma insomma gne gne gne gne', però cazzo aveva ragione, ce ne fosse stata una che potesse ricordare vagamente una danzatrice del ventre. Non dico magra eh. Se poi la coreografia non avesse compreso lo strusciamento sul pubblico (che si scostava con  ribrezzo)...Poi è stata la volta della comunità degli anziani cinesi e della loro performance di tai chi. Una ventina di vegliardi in tutina azzurra ci hanno mostrato come è facile perdere la coordinazione in 2 facile mosse: la musica parte e tutti fanno una cosa diversa. La musica si ferma, l'anzianissimo confabula con l'indisciplinato gruppo, tutti annuiscono, si ritorna ai posti, la musica riparte e di nuovo tutti fanno un po' il cazzo che pare a loro. Duncan si gira e gli dico che se prova a ridere gli strappo le orecchie. Poi lo stesso leader del gruppo di tai chi si prepara per il numero con il diablo. Corda e diablo appunto. Parte alla grande, lancia il diablo altissimo nel cielo e atterra addosso ad uno del pubblico. Sgomento generale. Il caro vecchino ci riprova, lancia il diablo altissimo nel cielo e ricade sul marciapiede. Io borbotto un daichecelafai, lui corre verso il suo aiutante, fruga in una borsa e torna al centro della scena con un bel paio di occhiali. Spessi. Il numero fila liscio. Altre performances sono più professionali: il gruppo di tamburi giapponesi e la danza irlandese ci piacciono; il suonatore del flauto di pan con una base musicale di 'suonatore di flauto di pan' ci lascia invece un po' perplessi. Ma lo spettacolo sta per finire e la ciliegina (la torta, il piatto e pure il tavolo) se la mangia la presentatrice (che è anche una speaker di Radio Dunedin). Tra gli sponsor della festa, e principali organizzatori, c'è una famiglia cinese: madre, padre e due bimbi, un maschio di pochi mesi e una femmina di 3/4 anni. La presentatrice, che non sa che cazzo dire, inizia a commentare sulla carinitudine di questi due bambini e dice al microfono (testuali parole): "Questi bambini sono talmente belli che me li porterei a casa. Ho chiesto alla mamma se mi da que bel bambino paccioccone, ma lei mi ha detto che il maschio non me lo può dare, se voglio posso prendere la femmina." La bimba si irrigidisce e si attacca alla mamma, che tiene in braccio il fratello, e inizia a piangere e ad urlare: " No mamma, non mi mandare via! Non voglio! Aiuto! Papà noooo! Faccio la brava!". Sgomento generale, la presentatrice ride rumorosamente, come se non si fosse appena fatta la figura di merda del secolo. Ma che bella collezione di minchioni! Non si e' mai abbastanza lontani...Finalmente iniziano i fuochi d'artificio: qui quelli a cuore non ci sono e neanche a forma di saturno, i colori non sono vari, ma i bambini sbavano di emozione lo stesso. E proprio qui sta il bello. I bambini sono ancora emozionabili. Non si aspettano la super mega parata Disney World, bastano 3 minuti di fuochi d'artificio e li fai felici. Noi che abbiamo visto San giovanni il 24 giugno, Sant'Ambrogio, il capodanno a Londra, i mercatini natalizi a Berlino...tutto bellissimo, ma tutto talmente grandioso e allo stesso tempo talmente finto, che poi ti lascia sempre una punta di delusione. I fuochi d'artificio strafichi di Torino fanno dimenticare per un momento che e' diventata la citta' piu' povera d'Italia con un record di vendite ai banchi dei pegni da far impallidire la Londra della rivoluzione industriale, i capodanni degli sversi che ti vomitano sulle scarpe perche' 'si stanno divertendo' e ancora il mito dei mercatini natalizi che da 15 anni espongono i made in China, uguali non solo da bancarella a bancarella, ma anche da mercato a mercato dal Trentino alla Danimarca. Quindi? Non so, inizio a credere che alla nostra cultura di provenienza sia mancata non tanto la modestia ('dai che mi fai arrossire' -ma continua pure che gongolo) quanto la misura. Siamo stati abituati allo sfavillante, all'artificiale, all'abbuffata e adesso di fronte al lume di candela diciamo 'solo?'. C'e' sempre una sensazione di privazione. Qui non c'e' il drammatico. Ma mi accorgo che il problema e' mio, non del posto in cui vivo. In fondo se non ci sono i soldi per fare delle manifestazioni colossali con grandi ospiti internazionali...non ci sono. Punto.

Poi c'è il rovescio della medaglia: il Matariki festival. Festivita' maori...e si sa che loro sanno come divertirsi. Alcuni sanno anche come si fa ad uccidere la gente a mani nude, ma cantano e suonano dadio. I marae sparsi per la citta' organizzano ogni tipo di evento per celebrare la comparsa della costellazione delle pleiadi (Matariki) nel cielo di inverno. Le leggende su Matariki sono diverse, ma la versione che ci piace di più è quella dedicata alle 7 fate cacciate in cielo dopo aver mandato in disgrazia 7 fratelli maori. La contemplazione di troppa gnocca li aveva distratti dall'arte della guerra ed erano diventati segaligni e grigi. Per fortuna uno dei fratelli, non si sa bene per quale motivo...non aveva ceduto all'incantesimo delle fate. Ci piacerebbe leggere il quark dei diritti gay made in nz e invece temo che sia semplicemente l'uomo che rivendica la propria emancipazione dal cosiddetto pilu, giusto il tempo di una birra. Poi però...Ad ogni modo si festeggia il riposo tra la fine di un raccolto e l'inizio della semina per il successivo. Potrebbe diventare il nostro nuovo natale. Cantastorie raccontano leggende maori ai bambini, si costruiscono lanterne di carta che si fanno volare in cielo, si va in barca attraverso l'Otago Harbour alla luce delle lanterne. Le tribu' offrono l'hangi. Si cantano vecchie e nuove canzoni maori. L'essere accolti al marae e' un'esperienza da fare per tutti i nuovi migranti. Non tanto la testata che inevitabilmente si riceve quando si prendono male le misure del saluto maori (hongi). Il maori fedele alla sua cultura tradizionale, oltre ad essere un pozzo di conoscenza e complessita', e' molto piu' accogliente del neozelandese del sud...che se vuole puo' essere stronzo assai. Certo non bisogna partire dal presupposto che siano loro a cercarci, anzi. Per entrare in contatto, al di fuori di occasioni come il Matariki festival, occorre chiamare, presentarsi, farsi presentare e farsi accompagnare per presentarsi. Si porta un dono in denaro, si imparano canzoni e cerimonie di benvenuto, ci sono protocolli da seguire e regole da rispettare. Niente di strano che i contatti con loro siano cosi' rari quaggiu'. E' impegnativo. Quando sono arrivati i reali in visita è stata assegnata alla cerimonia di incontro con i maori ben mezzora. E i maori giustamente hanno gentilmente segnalato che secondo il loro protocollo in mezzora escono appena dal marae per rispondere alla chiamata da fuori. E POI parte la cerimonia. Quindi ciccia tesori. Andate a produrre un altro erede al trono, che qui i giornali piangono. La cosa che a noi migranti rimane impressa è che, essendo la cultura maori tradizionale basata sulla tribu', una volta accolti nel marae si e' parte della famiglia e si puo' entrare e uscire liberamente. Per fortuna in questi ultimi anni, anche se da un lato i maori stanno pagando ancora il prezzo della colonizzazione (ed è un prezzo enorme), dall'altro hanno piu' fondi e iniziativa per rinvigorire le loro tradizioni. Sono aumentati di numero e parlano la loro lingua. Ma soprattutto (e finalmente) la insegnano a scuola. Qui a Dunedin, come a Karitane ci sono persone di grande spessore che cercano di ricostruire legami forti tra le comunita' maori, lavorano quotidianamente al recupero del territorio, lo valorizzano e lo proteggono. Allo stesso tempo cercano di ripristinare i legami tribali nel tentativo di lasciare il minor numero possibile di giovani maori in preda all'alcol e alla metanfetamina. Quando si entra nel marae, sara' suggestione, sara' la novita', ma certo l'impatto spirituale batte qualsiasi spettacolo pirotecnico. E forse il concetto è proprio questo: perchè stare in attesa che le cose arrivino o che qualcuno ce le porti, lamentandone la mancanza, se qua c'è tanto, tantissimo da imparare? Basta alzare le chiappe.